martedì 16 aprile 2019

The End

~ il banner è di Aiami ~


THE END



Apro la porta di casa e, d’istinto, sorrido.
Una luce tenue avvolge l’appartamento, fuori è buio e sono solo le cinque di pomeriggio; la televisione ha il volume basso e crea giochi di luce strani nella stanza, mentre musiche di Natale fanno da sottofondo ai classici film che da giorni vengono trasmessi. Appoggio le chiavi sul tavolinetto, facendo meno rumore possibile, appendo il cappotto e tolgo le scarpe sul tappeto per non lasciare le impronte sul pavimento per colpa della neve che ho calpestato. Lancio un’occhiata nel salone e mi fiondo in bagno a lavarmi le mani, prima di raggiungere i miei amori sul divano.
-Ehi, sei a casa! – sussurra mia moglie, voltandosi quando prendo posto sul divano di fianco a lei, le accarezzo dolcemente la guancia e sorrido teneramente. Prendo tra le dita il piede della mia piccola principessa che dorme beata tra le braccia della mamma e mi si riempie il cuore di amore. Questa è la mia famiglia. Margot è nata un mese fa, insieme a lei Samuel; quando all’ecografia ci dissero che erano due gemelli io e Bella non sapevamo se scoppiare a ridere o metterci a piangere dalla gioia.
-Papà! - Caroline si alza dal tappeto, dove stava guardando il film con tanta concentrazione e si butta su di me, abbracciandomi stretto e baciandomi le guance.
-Pulcina! Hai fatto la brava oggi?
-Sì, la maesta ha fatto fale i disegni… poi ho giocato con Thomas… abbiamo costuito un castello!- Mi godo il racconto della sua giornata all’asilo, la coccolo e le presto tutta l’attenzione che merita e poi le bacio la testolina. Stranamente la scuola materna dove va Caroline ha tenuto aperto anche questa mattina, per la gioia dei genitori che si trovano indaffarati con i regali di Natale e la preparazione della cena della Vigilia. Il dirigente scolastico ha pensato di festeggiare oggi con i bimbi, facendo arrivare un Babbo Natale che portasse loro dei piccoli doni, cioccolatini o bambolotti per rendere tutti quanti felici. E’ stata una splendida iniziativa, soprattutto perché ha permesso a noi adulti di gestirci mezza giornata senza figli a casa. Almeno gli altri. Io ho lavorato e Bella aveva comunque i gemelli, ma non ci possiamo lamentare.
-Ed hai aiutato la mamma con i fratellini?- mi sorride e piega la testa ad accennare un sì dolce e composto. Avevamo il timore che Caroline prendesse male le attenzioni che inevitabilmente sarebbero state date a Margot e Samuel, invece siamo riusciti a farle comprendere che non sarebbe cambiato nulla. Ricordo ancora quel pomeriggio.

Flashback

“Pulcina, vieni qui, sulle gambe di papà…devo dirti una cosa!”
Ormai Bella aveva un pancione enorme e Caroline era sempre più curiosa di toccare e poggiare l’orecchio in attesa che i fratellini parlassero con lei. Era curiosa, tenera ed estremamente dolce.
Si arrampicò sul divano e prese posto tra le mie braccia, lasciandomi un bacio sulla guancia e appoggiando la testa sulla spalla.
“Sai, tra poco avrai due fratellini da coccolare sempre, tutto il tempo che vuoi. Loro ti vorranno sempre bene…e tu ne vorrai tanto, tanto a loro.” Iniziai, per poi far continuare il discorso a Bella. “Per i primi tempi saranno piccoli, piccoli, non riusciranno a fare nulla e piangeranno spesso. Bisogna cambiargli il pannolino e non potranno giocare tanto con te…poi però cresceranno e saranno i tuoi compagni di giochi sempre” Lei ci guardava curiosa, con la faccina corrucciata per cercare di capire ogni cosa che le stavamo dicendo.
“Quando nasceranno avranno bisogno di tante cure, dovranno sempre stare in braccio o nella culletta, perché non sapranno camminare. Dovranno dormire in camera di mamma e papà perché piangono spesso la notte, perché sono piccoli e devono mangiare tanto per crescere… e poi hanno bisogno di tante attenzioni da parte nostra…”
“E io?” domandò giunti al punto Caroline.
“E tu dovrai sempre farli sentire coccolati. Se piangono proverai ad accarezzarli e farli smettere, se gli cade il ciuccio dovrai rimetterglielo e se non si calmano verrai a chiamare me o la mamma…”
“E chi coccola me?”
“Noi amore…” aveva risposto Bella accarezzandole una gamba.
“Per i primi tempi i tuoi fratellini dovranno avere tanta attenzione pulcina, ma tu resterai sempre con noi, ci aiuterai e ti coccoleremo e ti faremo il bagnetto e ti ameremo sempre. Ricordalo Caroline…sempre. Anche se ci saranno i tuoi fratellini che avranno bisogno di tante cure e di essere sempre in braccio…noi ti vorremo sempre bene, tanto, tantissimo. Ti ameremo sempre e cercheremo di ricordartelo. Ma non devi essere gelosa, d’accordo? Noi ci saremo…sempre pulcina!” si era stretta addosso al mio corpo annuendo, dandoci la speranza che non ci sarebbero stati problemi con lei.

Fine Flashback

Quando, due mesi fa, nacquero prematuri di qualche settimana Samuel e Margot temevamo il peggio, cercavamo di dividerci in modo che uno di noi stesse sempre con Caroline, che non si sentisse mai messa da parte; poi con calma e tranquillità, una settimana dopo il loro ritorno a casa, abbiamo provato a farla interagire di più con i suoi fratelli. Si è dimostrata paziente, dolce e comprensiva, vive tutto come un gioco, probabilmente, ma è fantastica e si accontenta del tempo che riusciamo a darle. Noi, dal canto nostro, cerchiamo di fare ogni cosa, dividendoci tra la casa, il lavoro, Caroline e i due gemellini.
-Margot ha pianto tanto oggi… - mi dice Bella quando ho finito di chiacchierare con Caroline, pur mantenendola tra le mie braccia.
-Come mai? E’ stata male?
-Non lo so, era agitata. Ci ho messo tanto per farla calmare… Piangeva così forte che Samuel si è svegliato più volte. Caroline si divertiva a muovere la carrozzina piano piano, e con il dondolio Sam si è addormentato. Sei stata brava amore di mamma! – dice Bella accarezzando la gambina di Caroline. -Margot invece nulla. Non voleva mangiare, non aveva mal di pancia…Non lo so.– guardava la piccola e le accarezzava le manine con un dito.
-Io lo so pecchè Magot non stava bene… - mormora piano la mia pulcina con gli occhi assonnati e la testina appoggiata al mio petto; adora starmi in braccio e essere coccolata da me, ed io mi sento speciale. Ma la sensazione di benessere scivola via, sostituita dalla parte ansiosa dopo le sue parole. Ci voltiamo ad osservarla, chiedendoci silenziosamente come mai, spaventati che possa essere successo qualcosa e nessuno dei due se ne sia accorto, io perché fuori casa, Bella per tutte le cose che doveva fare. Stringe forte le mani sulla mia camicia e tenta di tenere gli occhi aperti, difficilmente.
-E’ successo qualcosa pulcina? Non hai chiamato la mamma? – scuote la testa alla mia domanda. –Patatina, ascolta…se è successo qualcosa alla tua sorellina devi dircelo, se sta male dobbiamo farla vedere da un dottore. – cerco di farla ragionare dolcemente.
-No…
-Caroline, mi sto preoccupando. Le hai fatto qualcosa?! – l’accusa di Bella, a voce alta e ansiosa, sveglia Caroline completamente; sgrana gli occhi e la guarda con il labbruccio tremolante, a breve sarà inconsolabile a causa del pianto. Cerco di accarezzarle dolcemente i capelli per farla calmare, le sussurro di continuo “Shhh” abbracciandola stretta, ma presto sento le lacrime bagnare la mia camicia. Mi alzo dal divano ammonendo Bella con lo sguardo e porto Caroline nella sua cameretta, sedendomi sul letto con lei ancora in braccio.
-Pulcina, ehi…non fare così. Calmati piccola…guardami… Voglio vedere i tuoi occhi bellissimi e non solo i tuoi capelli. – tira su la testa ma le sue guance colate di lacrime mi stringono il cuore. E’ sempre così quando piange, per qualsiasi motivo, mi sento male già solo quando vedo la sua espressione triste…quando piange poi mi sento inutile. –Cosa è successo?
-La mamma vuole più bene a Magot che a me! – sputa fuori in un sussurro ferito che indubbiamente ferisce anche me.
-Non è vero pulcina… Non dire così! La mamma è solo preoccupata perché la tua sorellina sta male. Se stessi male anche tu, lei sarebbe preoccupata allo stesso modo…Mi credi piccola? – scuote la testa e i suoi piccoli boccoli si muovono con lei. Sospiro forte e chiudo per un secondo gli occhi, cercando di trovare un’idea per convincere mia figlia del fatto che sua madre l’ama sempre allo stesso modo.
-La mamma…la mamma è cattiva con me! – dice ancora.
-Non è cattiva, è solo preoccupata. Se vedessi la mamma stare male…saresti preoccupata piccola? – lei annuisce confermando la mia tesi. –E se Samuel e Margot stessero male, saresti preoccupata? – lei ci pensa un secondo poi annuisce ancora, con fervore. –Ora puoi capirci tesoro? So che sei piccola…ma la mamma è solo preoccupata. Sono sicuro che non voleva alzare la voce e che adesso sarà di là, molto triste perché le manchi e si sentirà in colpa perché ti ha fatta piangere… andiamo di là con lei? – scuote la testa e le mie speranze di risolvere questo pasticcio in breve si spengono.
-Oggi…la mamma non è venuta a pendemmi all’asilo… - la guardo stupito, avevo detto a Bella che doveva andare lei, perché avevo una riunione importantissima per definire dei dettagli di un progetto e non potevo assolutamente rimandare. Era l’ultimo giorno di lavoro prima della chiusura natalizia dello studio e non potevo davvero fare in altro modo. –E’ venuto lo zio Jazz…La mamma si è dimenticata di me.
Sospiro forte nuovamente e ormai la mia testa conosce solo un unico movimento, negare silenziosamente, consapevole che se Jasper si trovava lì davanti, Bella doveva avercelo mandato.
-Pulcina…ma tu hai chiesto alla mamma perché è venuto lo zio a prenderti e non lei? – fa di no con la testa e io cerco di prenderla in contropiede e salvare mia moglie. –E allora perché non andiamo a chiederglielo adesso? Sono sicuro che c’è un motivo se non è venuta lei…andiamo a chiederglielo? Vieni con me? – annuisce ma si stringe con le manine attorno al mio collo e con le gambine attorno alla schiena, un chiaro segno che non vuole lasciarmi neppure per raggiungere il salotto. Prendo posto di nuovo al fianco di Bella sul divano, con Caroline che nasconde il volto nel mio collo. Mia moglie mi guarda con uno sguardo tristissimo, pensando di aver combinato un gran pasticcio, ed effettivamente poteva davvero essere un bel casino.
-Amore… - Bella prova a chiamare la piccola, voltandosi verso di noi e mettendo una gamba sul divano, mentre tiene salda la piccola Margot con un braccio e l’altro accarezza la schiena di Caroline. –Tesoro della mamma…ti chiedo scusa. Puoi guardarmi e farmi un sorriso? Mi dispiace di aver alzato la voce…sono solo preoccupata. Margot è così piccola e se sta male non può dirmelo…tu invece sei grande e sai parlare. Mi dispiace tanto amore mio, non volevo farti piangere. Mi perdoni? – Caroline alza gli occhi su sua madre e ci pensa su. Poi scuote la testa in segno negativo. Ancora una volta. Sto iniziando ad odiare questo movimento! A mia moglie scende una lacrima, che penso di spazzare via con dolcezza accarezzandole la guancia. Odio vedere piangere anche lei!
-Sei cattiva con me. Ti sei dimenticata di venile a pendemmi oggi!
Bella mi guarda con gli occhi sgranati e l’unica cosa che posso fare è alzare le spalle, come a volere indicare che non so cosa sia successo.
-Amore ma…c’era lo zio Jasper, non eri da sola…
-Dovevi venile tu! – afferma con più forza Caroline.
-Lo so amore, lo so! Hai ragione…ma sono andata a controllare che l’elfo di Babbo Natale avesse consegnato la tua letterina, e che avesse l’indirizzo giusto dove far portare i regali per te. E sai, con tutti i bambini che ci sono c’era tanta gente e ho fatto tardi! Pensa che ho lasciato Margot e Samuel con lo zio Emmett! – fa una faccia strana e la piccola si mette a ridere. Bella era andata a ritirare i regali per Caroline. Li avevamo ordinati, perché erano finiti nel negozio di giocattoli e per fortuna erano arrivati oggi o sarebbe stato un vero dramma. –L’elfo di Babbo Natale mi ha anche dato una caramella di zucchero, la vuoi? – Caroline scuote la testa e sorride accarezzando il piedino di sua sorella.
-Puoi dallo a Magot! Io ne ho mangiate tante…lei no! – non posso fare a meno di ridere di cuore, scuotendo la testa e accarezzando la schiena della mia piccola.
-Pulcina, la tua sorellina non può mangiare le caramelle. E’ ancora piccola. Beve solo il latte della mamma…o il biberon. – mi guarda confusa ma poi sorride e annuisce. Caroline ha proprio l’indole della sorella, sarà fantastica con i gemellini.
-Allora, mi perdoni amore mio?
-Si…pelò teniamo la calamella pe Magot? – il volto di Bella si apre in un sorriso e lascia una carezza dolce a sua figlia chiedendole ancora scusa. In quel momento Samuel inizia a piangere. Caroline scende dalle mie gambe sistemandosi sul divano di fianco alla mamma, intuendo che tocca a me andare a prendere il mio piccolo ometto.
-Ciao piccolino! Abbiamo fatto grandi dormite oggi, eh?! Hai fame? – piange, piange forte, immagino che abbia fame perché ormai ho iniziato a riconoscere i vari tipi di pianto. Cullandolo un po’ torno sul divano.
-Si avrà fame! Tieni tu la piccola? – Caroline ci guarda imbambolata e curiosa, le sorrido ma lei sembra assorta nei suoi pensieri. Prendo tra le braccia Margot e passo il piccolo Samuel a Bella che sbottona la camicia e attacca al seno il mio ometto. Caroline si fissa con lo sguardo sulla scena, un po’ come me. Ancora non mi sono abituato. E’ meraviglioso osservarla, il piccolo chiude la manina sul seno, a volte chiude gli occhi altre li tiene aperti. Bella non può disturbarlo in nessun modo, perché inizia a piangere, mentre Margot se ne frega e continua a ciucciare la sua pappa.
Quando allatta in camera da letto passo tutto il mio tempo ad osservarla, mi sono innamorato di lei altre cento volte. Il suo corpo con la gravidanza è diventato più morbido, quasi burroso e abbracciarla e accarezzarla è meraviglioso. Non ho mai sopportato quei corpi troppo magri, dove la pelle accarezza le ossa e quando posi una mano sul corpo senti la consistenza dell’osso sotto. Amo invece il corpo di Bella, il suo ventre ancora un po’ pronunciato, i fianchi leggermente tondeggianti, le cosce morbide e il seno gonfio. Lo amo ogni giorno di più. Ho cercato di farglielo capire in molti modi, lei continua a dire che non è vero, che quando si guarda allo specchio si vede grassa; io quando la guardo vedo la donna più sensuale che conosco. Non riusciamo a stare da soli da molto tempo, dovremmo accontentarci di qualche sveltina chiusi in bagno quando i gemelli e Caroline dormono, ma è sempre difficile perché pare abbiano un radar per quei momenti. Così spesso dobbiamo accontentarci di carezze approfondite sotto le lenzuola e prontamente, quando ci spingiamo un po’ più in là, quando è il momento di togliersi i vestiti ed entrare in lei, Margot e Samuel piangono.
Desidero affondare dentro mia moglie e perdermici, desidero amarla e farle capire quanto il suo corpo mi eccita, ma con i gemelli che piangono e il timore di essere beccati da Caroline è quasi impossibile. Distolgo la mente da quei pensieri o rischio di mettermi davvero in imbarazzo di fronte a mia figlia.
Caroline guarda me e poi di nuovo Bella che allatta e si acciglia. E’ la prima volta che mia moglie allatta i piccoli davanti ai suoi occhi.
-Che fai mamy?
-Quando i bambini sono piccoli, amore, bevono il latte dal seno della mamma…Sai anche i cagnolini lo fanno. Ti ricordi i cagnolini della tua amichetta Jessica? – Lei annuisce e poi guarda me curiosa e dubbiosa, sto per scoppiare a ridere immaginando i pensieri che frullano nella sua testolina.
-Tu non fai mangiare Margot e Samuel? – mi trattengo a stento dal ridere, così come Bella e muovo la testa in segno negativo. –Solo la mamy?
-Si pulcina, solo mamma! – sorride a annuisce, alle volte immagino che nella sua testa ci dia degli stupidi o che ci reputi strani! Ora mi chiedo quando ricomincerà con le domande, è troppo curiosa! La televisione funziona ancora, ma nessuno è interessato a quello che trasmette.

-Posso tenele in blaccio la mia solellina? – io e Bella ci guardiamo stupiti da quella richiesta dolce e così spontanea. Sorridiamo e annuiamo in sincrono.
-Certo pulcina, ma devi sederti in braccio mio. La tua sorellina pesa e tu hai le braccine delicate, non possiamo farla cadere… Così ti aiuto io va bene lo stesso?
-Si, voglio solo abbaccialla come fate voi con me. – Bella le fa una carezza sulla testa e le lascia un bacio dolcissimo ed io sposto il braccio con il quale tengo la piccola per permettere a Caroline di sedersi su di me.
-Allora, un braccino si deve tenere sotto la testina, perché è molto delicata e non può farsi male. Se la tieni così la proteggi. L’altro braccino si deve tenere così, la sua schiena non è forte come la tua e si muove tanto e così la tieni dritta e lei non si fa male… - le mostro e le posiziono la sua sorellina tra le braccia, voltandomi con il loro peso verso Bella, in modo che possa essere presente anche lei, in qualche modo, a quel momento. Poi, sicuro che non le possa cadere e che, nel caso, erano entrambe sul divano lascio piano le mie braccia dalla presa e l’osservo. –Senti quanto è pesante, pulcina?
-Si…Ho paula…e se cade? – l’avvolgo anche con le mie braccia e le lascio un bacio sulla testina.
-E’ per quello che non puoi tenerla in braccio da sola amore, quando sarete più grandi entrambe si, ma adesso no. Se vuoi abbracciare Samuel e Margot però puoi sempre chiedere a me o alla mamma, va bene? – lei muove in segno affermativo la testa, emozionata per quel primo vero contatto con la sua sorellina.
-E’ bellissima papà…
-E’ vero pulcina…anche tu lo sei, e sei una sorella meravigliosa. Saprai prenderti cura di loro molto bene. Ti ameranno tantissimo. Come io e la mamma ti amiamo già. – sospiro e accarezzo le sue manine, sotto le mie.
-Ora vuoi dirci cosa aveva Margot oggi? Sai se è successo qualcosa? – mormora Bella un po’ commossa dalla scena, decidendo che quello è il momento giusto per approfondire il discorso di prima. Caroline alza gli occhi distraendosi un secondo solo, poi torna a guardare la sua sorellina e a sorridere.
-Non c’ela papà. Quando non c’è papà Magot è tliste. Anche Samuel. E Anche io. Se c’è papà siamo tutti felici. – il cuore mi si stringe in una morsa dolce e Bella mi sorride teneramente, mentre io piego la testa all’indietro, cercando di non far scendere le lacrime.
-Lo penso anche io tesoro mio… - dice Bella allungando una mano e accarezzando il piedino di Caroline.
-Pulcina…lo sai che ti amo tanto tanto tanto tanto tanto? – le sussurro nell’orecchio, come se fosse un segreto, ma in realtà sono solo allo stremo della mia resistenza. Riescono a farmi emozionare sempre, ogni giorno di questa nuova vita, mi batte forte il cuore ogni volta che mi chiama papà, o che sale sul lettone e si stringe a me, o quando mi abbraccia e mi dice che mi vuole bene. Trattengo a stento le lacrime, ogni volta. Mi guarda dolcemente e si allunga per darmi un bacio sulla guancia.
-Sei il migliole papà del mondo. E ti voglio tantissimissimissimo bene!

~ ~ ~ ~

Quel pomeriggio non c’era nulla di più che volevo se non restare su quel divano, la mia famiglia attorno a me e due dei miei tesori più grandi tra le braccia. Amavo Caroline con tutto me stesso, era mia figlia esattamente come lo erano Margot e Samuel e cercavo di farglielo capire sempre, di ricordarle che ci eravamo scelti e che quel giorno del campeggio era ancora chiuso nel mio cuore, come il ricordo più prezioso che possedevo.

Bella si occupò di preparare Caroline per la cena con la mia famiglia, io sistemai i gemelli nella carrozzina prima di infilarmi sotto la doccia per una rinfrescata veloce.
Dopo poco eravamo già in macchina, Caroline sul seggiolone osservava i gemelli dormire al suo fianco nelle cullette.
-Mamy, anche io quando elo piccola stavo semple nella…nella callozzina?
-Certo amore, sempre! – si ferma un attimo per raccogliere i pensieri e poi ridacchia tra sé. -Pensa che una volta io e zia Alice eravamo andate al centro commerciale per comprare un regalo a nonna Esme e tu piangevi e piangevi, non smettevi mai di lamentarti… così la zia Alice ti prese in braccio cercando di calmarti mentre io pagavo al negozio. Era così impegnata a farti smettere di piangere che si è dimenticata la carrozzina nel negozio e la commessa ci è corsa dietro per tutto il centro commerciale! – ride mentre racconta l’episodio con mia sorella. Sì, è esattamente da lei fare una cosa del genere! Mi trovo a sorridere, senza sapere il motivo, ma tanto non importa, ultimamente mi trovo sempre con il sorriso sulle labbra senza sapere il perché.

Al momento in cui arrivai a casa di Alice, dove si sarebbe tenuta la cena della Vigilia, la porta si aprì in gran fretta e mia zia uscì di casa in velocità, insieme a Carlisle per raggiungere la nostra auto. Ancora prima di poter tirare via la cintura e scendere, i gemelli erano dentro casa, solo con la parte alta della carrozzina e le ruote ancora in baule, mentre Bella faceva scendere Caroline dal seggiolone.
-Pulcina, ricordati sempre che i nonni ti amano tantissimo e che sono presi a fare le coccole ai tuoi fratellini perché è come se per loro fossero dei giocattoli nuovi. – cercai di spiegare alla mia principessa mentre lei guardava a terra con sguardo deluso. Avevo capito subito quanto ci fosse rimasta male che i nonni, o almeno quelli che per lei erano sempre stati dei nonni, non l’avevano degnata di uno sguardo e si fossero preoccupati solo dei gemelli.
-Ogni volta che siamo qui… gli zii fanno le coccole a Magot e Samuel e io gioco con le mie bambole e sono semple da sola… - vidi la boccuccia chiudersi e tremare e mi si strinse il cuore. Mi accucciai fino alla sua altezza, le porsi la mano che lei prese subito e con l’altra le tirai su delicatamente il volto fino a guardarla negli occhi.
-Ti prometto che oggi starò sempre con te pulcina, sempre. Margot e Samuel hanno già tante persone che giocano con loro…oggi ce ne stiamo io e te, che ne dici?! – fece solo un debole segno del capo e mi seguì dentro casa mentre Bella procedeva dietro di noi con lo scheletro delle carrozzine.
Emmett, Rosalie, i miei zii e Jasper erano tutti attorno ai due fagottini che dormivano beatamente nelle loro cullette. Bisbigliavano piano, facendo commenti carichi di zucchero e mielosi, un po’ come quando mi trovo da solo nei miei pensieri e li guardo dormire in camera da letto. Caroline lascia la mia mano, improvvisamente, e toglie il cappotto appoggiandolo delicatamente sulla poltrona, mi perdo a guardare i suoi boccoli che si agitano mentre lei si siede e prende posto a fianco al suo cappotto, giocando con le due bambole che si è portata da casa. Bella è già in cucina ad aiutare Alice con il cibo e mi accorgo davvero delle sensazioni di Caroline guardando tutto da una prospettiva esterna. L’hanno davvero ignorata. Non le hanno dato un bacio, né una carezza sui capelli, neppure un saluto sorridente e allegro; se ne stanno tutti lì, attorno ai due fagotti che dormono, bisbigliando come comari.
Passo il mio tempo, prima del pranzo, a far muovere e parlare una delle due bambole, gioco con Caroline, cercando di ignorare la fitta al petto che sento irrimediabilmente trafiggermi. Vedere il suo visino così triste e così abbattuto mi fa star male. Il momento del pranzo è il più tragico. Credo che Bella si sia accorta di ciò che succede a sua figlia, per quello ha deciso di posizionarla tra me e lei, e non al suo solito posto di fianco alla zia Alice, mentre mangia. Ma la mia principessa non mangia neppure una forchettata di tutte le pietanze che mia zia e mia sorella si sono impegnate a cucinare, giocherella con la forchetta sul piatto, con il musetto triste e fa passare la fame anche a me.
-Ehi principessa, che ne dici se andiamo sul divano a guardare qualche cartone animato prima della messa? Anche io non ho fame… - le dico accarezzandole i boccoli leggeri sulla testolina. Annuisce mesta e scende dalla sedia precedendomi. Bella mi ringrazia silenziosamente e tutti si domandano curiosi il perché di quell’ammutinamento.
Sistemo Caroline sulle mie gambe ed accendo la tv. La sera della vigilia, per fortuna, fanno un mare di cartoni animati e questa sera abbiamo raperonzolo.
A metà del cartone ancora non ha detto una parola, cosa strana per la mia piccola, ma appena mi volto per vedere cosa c’è che non va noto che ha due lacrimoni che scendono lungo le guance.
-Ehi pulcina…che succede?
-Voglio andale a casa… mi polti a casa papi? – mi volto a guardare Bella, che se ne sta seduta al tavolo e ci guarda lanciandoci brevi occhiate. Quando i nostri occhi si incontrano so già che ha capito, sospira e prende un piatto con lo sformato di pasta portandolo verso di noi.
-Che fate qui da soli? Non vi va di mangiare lo sformato che adorate? – Caroline scuote la testa, nascondendo il volto sul mio petto e dando le spalle alla televisione. –Amore…devi mangiare qualcosa, fallo per me e per papà, poi andiamo a casa… va bene?
La bimba muove di nuovo la testa in senso negativo ed io sospiro forte.
-Ho capito! Tu hai voglia di dolci… vero?! Allora sai che facciamo? Andiamo in cucina e ci tagliamo una bella fetta della torta che ho portato da casa…va bene pulcina?! – Bella cerca di salvare quello che rimane della cena, senza troppo successo. Caroline scuote ancora la testa e non ci vedo via di uscita.
-Amore di mamma, puoi spiegarmi cosa succede?
-Sono semple sola, voglio andale a casa. Qui non mi vuole bene nessuno… - dice con il labbro tremulo mentre si strofina gli occhi con i pugni chiusi. Vedo Bella sgranare gli occhi e voltarsi verso la nostra famiglia, tutti impegnati ad osservarci in silenzio, mentre Esme coccola Samuel e Rosalie si bea dei sorrisi di Margot. Si volta verso di me, accarezzando i capelli a sua figlia e mi sorride dolcemente scuotendo la testa, come se fossi io quello scemo della famiglia, che non ha capito nulla.
-Tesoro di mamma, ascoltami bene… tutti ti vogliono bene, te ne vogliono tantissimo. Devi capire però che Margot e Samuel sono due bambini piccoli e gli zii e i nonni trovano divertente giocare con loro… - si stanno facendo dei discorsi assurdi, la sera di Natale poi, che si dovrebbe passare in allegria e serenità. Tenta anche lei con un approccio pragmatico, ma non si rende conto che quello che dice Caroline ha un fondo di verità. Abbiamo tentato di non farla sentire esclusa, ma se gli zii e i nonni pensano a farle sentire e notare le preferenze verso i suoi fratelli, come vivrà questo rapporto? Male, malissimo.
Alzo le spalle, la bimba farà fatica a capire queste cose, e io non so come aiutarla ora. Dobbiamo parlarne insieme agli altri, ma questo non è il momento.
Quando poche ore più tardi torniamo dalla messa di mezzanotte, faticando a tenere con noi Caroline senza farla scoppiare in un pianto profondo, ed è il momento di scartare i regali, Caroline sale in braccio a me e si stringe forte forte.
-Amore di mamma, vieni…vieni accanto all’albero…ci sono molti regali per te! – Bella cerca di spronarla ma la principessa non si schioda dalle mie braccia. Mi sento un po’ stanco e quindi prendo posto sul divano per guardare la scena e tenere al sicuro la piccola.
-Non vieni ad aprire i regali? – le chiede Esme guardandola confusa. Caroline scuote la testa e le volta le spalle. –Ma cosa le succede? – chiede a bassa voce rivolta a Bella, che si trova di fianco all’albero come lei.
-E’ arrabbiata perché crede che non le vogliate più bene, dato che date sempre attenzione a Margot e Samuel e neppure la degnate di uno sguardo. Stasera quando siamo arrivati non vi siete preoccupati di salutarla, darle un bacio o una carezza…e questo a mio avviso è gravissimo. Fatichiamo molto, io ed Edward, per farle sentire il nostro affetto e che nulla è cambiato anche se ci sono due presenze in più e voi invece… la fate sentire esclusa e lei ci sta male. Non è stupida, capisce e anche se all’inizio non vi faceva notare nulla, adesso ne soffre. So che per voi non è una vera nipote e che probabilmente non vi interessa più di tanto… ma per lei siete l’unica famiglia che ha conosciuto e non ne conosce altre. Vi pregherei di essere meno scostanti e più partecipativi anche con lei, più affettuosi… ha bisogno delle stesse attenzioni che riservate ai gemelli, forse di più. – si allontana dopo il suo discorso e ci raggiunge sul divano, coccolando sua figlia con dei baci sulla testa e delle carezze.
Il silenzio che segue è quasi imbarazzante.
Fino a quando non compare davanti ai miei occhi un pacco grande, tutto colorato di rosso ed oro e dietro ad esso Alice se ne sta inginocchiata.
-Ehi piccola, ti volti a farmi un sorriso? Ho una cosa tutta per te… - mia figlia scuote la testa e allora mia sorella si avvicina tirandole piano un ricciolino. –Sto parlando con te! Vuoi che continuo a tirarti i capelli per farmi dare retta? Ti ricordi quando eri più piccolina e tiravi i capelli a me e a zia Rose quando non ti ascoltavamo?! – Caroline ridacchia sul mio collo. –Allora se non ti giri il pacco enorme che ho tra le mani lo regalo alla tua mamma… va bene?! – Caroline si gira di scatto, saltando sulla mia pancia e procurandomi un piccolo dolore, ma niente può contro la soddisfazione e la serenità nel vedere il sorriso sul volto.
-E’ pel me?
-Si…tutto per te. Aprilo! – lo scarta direttamente dalle mani della zia e quando si trova la scatola di fronte gridacchia. –E’ l’armadio dei vestiti delle bambole. Babbo Natale sapeva che ne volevi uno uguale come quello mio e te l’ha portato…bello vero? – scende dalle mie gambe e si lancia su mia sorella ringraziandola. Alice è l’unica che forse non le ha mai fatto sentire il distacco così come gli altri, e la ringrazierò sempre per questo. –Vieni con me sotto l’albero ad aprire tutti i regali? Che ne dici…? – Caroline mi guarda e poi guarda Bella e si avvicina.
-Con voi… - ci porge le mani e ci alziamo trainati da lei.
Quando siamo vicini ai pacchetti regali Esme si abbassa a livello della principessa e la prende tra le braccia.
-Piccola, scusaci! – mia zia si commuove mentre chiede scusa ad una bambina così piccola, rendendosi conto di quanto è stata male per il loro comportamento. –Noi ti vogliamo bene, ti amiamo tanto. Tanto tanto. Davvero! E’ solo che Margot e Samuel sono così piccoli e…
-Anche quando eri piccola tu, così piccola io e nonna Esme passavamo ogni minuto possibile a coccolarti, sai? La mamma ti portava qui e passavamo ore a guardarti dormire. E’ una cosa normale… capita sempre quando nasce un bambino nuovo in famiglia. Ma non per questo noi non ti vogliamo più bene…
-Te ne vogliamo tanto piccola, tantissimo… sempre! Ci perdoni? – Tra le parole di Esme e quelle di Carlisle mi sono commosso pure io. Caroline si volta a guardarmi dubbiosa, ma vedo già il luccichio nei suoi occhi, è intelligente come poche bimbe. Annuisco solo e lei si getta al collo di Esme stringendola forte.
-Vi peddono tutti! Pelò adesso legali! Legali!

Molte ore più tardi, dopo aver preparato una tazza di latte caldo a Caroline, contornata di una bella fetta doppia di torta e del buon miele, una favola lunga perché non riusciva a dormire e dopo aver cambiato i gemelli, finalmente riesco a stendermi a letto. Il tempo di mettermi sotto le coperte e il telefono vibra sul comodino.

“Raggiungimi. B”

E’ entrata in bagno qualche minuto fa, dopo aver rimboccato le coperte a Caroline e lavato la tazza e i biberon dei piccoli. Non volevo disturbarla, anche se l’idea di infilarmi sotto la doccia con lei era chiaramente allettante. Do un’occhiata ai gemelli e, preso il piccolo trasmettitore per portarlo con me, mi dirigo da Bella. Il bagno è avvolto dal vapore e la luce tenue di una abat-jour posizionata sul pavimento sotto il lavandino rende tutto magico.
-Niente candele, mi dispiace! – mi volto verso la voce di mia moglie, immersa fino al collo nell’acqua bollente della vasca. Mi sorride maliziosa e non posso fare a meno che ricambiare.
-Non ho bisogno delle candele per quello che ho in mente… sei una visione meravigliosa! – arrossisce, nonostante tutto il tempo passato insieme, nonostante i momenti di passione sfrenata che ci sono stati dalla nostra prima volta, nonostante sia mia moglie. Fa uscire la mano dall’acqua e con l’indice mi invita a raggiungerla. Tolgo la maglietta e i pantaloni in gran fretta, facendo seguire anche i boxer e le calze. Entro con i piedi nell’acqua calda e prima che possa fare un altro movimento mi ferma.
-Siediti sul bordo, lì dove c’è l’asciugamano. – Dietro di me, in effetti, è posizionato sul bordo di ceramica un asciugamano, piegato con cura. Seguo le sue direttive e nel momento in cui prendo posto lei si muove, mettendosi a gattoni tra le mie gambe. A quanto pare le candele non servono neppure a lei, per scaldare l’atmosfera.
-Dio come sei bella! – i capelli raccolti sulla nuca, con qualche ciuffo che scivola dalla pinza ora bagnato, le accarezzano il collo dolcemente, proprio come vorrei fare io. Le spalle chiare e il seno luccicanti per le gocce di acqua sulla pelle, il volto arrossato, è un insieme meraviglioso.
Si avvicina ancora di più in ginocchio, accarezzandomi le gambe partendo dalla caviglia, sale, sale, ancora di più. Quando raggiunge il mio bacino si ferma, disegnando con le unghie piccole scie che arrivano fino al mio membro. Mi sento già su di giri. Il suo dito passa lentamente sulla mia lunghezza, con l’unghia mi fa venire i brividi e l’espressione serena e concentrata del suo viso, con il luccichio malizioso negli occhi mi fanno desiderare di prenderla e sbatterla al muro per scoparla fino a domani. E invece sto al suo gioco, alla sua tortura, alle sue mani che lente compiono un movimento prima verso l’alto e poi verso il basso, le sue mani calde, la sua pelle morbida, gli occhi che alternano da guardare il mio sesso e i miei occhi. Non so quanto resisterò prima di afferrarle la testa per sentire la sua bocca avvolgermi. Apro la bocca e gemo piano, non ho intenzione di svegliare i piccoli che dormono e interrompere tutto il programma che mia moglie ha in testa.
Si avvicina ancora di più, sempre di più, la sua bocca bacia le mie cosce e le ossa del bacino, mentre una delle sue mani stimola i testicoli e l’altra aumenta il movimento.
-Ti piace? – mormora tra un bacio e l’altro. Non è mai stata così insicura, probabilmente è ancora colpa della convinzione che non sia poi così eccitante con le sue forme. Devo trovare il modo di farglielo capire una volta per tutte. Non posso gemere forte, non posso parlare perché non ho il controllo di niente. Annuisco solo, incapace di fare di più.
-Ti piace? – domanda ancora una volta, ma senza aspettare la mia risposta la sua bocca si chiude attorno alla punta del mio membro. Sbatto la testa all’indietro, sul muretto che divide la vasca dal resto del bagno e mi sento pervadere da un piacere immenso. La sua bocca, quanto mi era mancata! Scende piano a inghiottirmi tutto, risalendo lentamente. Ripete il movimento mentre le dita stuzzicano ancora i testicoli e l’altra mano copre la parte di me dove la sua bocca non arriva.
E’ inevitabile farmi scappare un gemito di pura goduria, inevitabile perché le sensazioni che sto provando non le controllo più e mi sento in paradiso.
Gli occhi aperti a guardare la Venere che mi sta tra le gambe e che succhia, succhia facendomi tremare e rabbrividire. I pensieri completamente evaporati, le mani a stringere il bordo della vasca.
-Ti prego… - mi lascio sfuggire a voce mozzata.
Mi guarda, confusa, mentre aumenta il ritmo dei suoi movimenti e piano la lingua si intrufola a stimolare quel piccolo pezzetto di pelle che sa farmi morire. Gemo, quando vorrei gridare. Stringo il bordo della vasca, quando vorrei afferrarle la testa e piegarla al mio volere.
-Ti prego Bella… - dico ancora in un sussurro roco.
Non so neppure io cosa voglio, figuriamoci se lo può sapere lei.
Stacca la mano dalle mie palle per raggiungere la mia sul bordo della vasca, se la posiziona sul collo e mi lancia un’occhiata eloquente.
-Ti farei male piccola… continua tu… - cerco di controllarmi e le accarezzo dolcemente la pelle morbida del collo, ma quando rallenta i movimenti, facendomi impazzire, cedo. Inizio a darle il ritmo spingendo la tua testa su di me, veloce, forte, alzando anche il bacino per andarle incontro. Sento le pareti della sua gola accogliermi e mi manda in bestia. Aumento ancora di più il ritmo, grugnendo e mischiando parole incomprensibili, mentre le sue unghie si conficcano nella carne delle mie cosce.
-Bella… Bella… Bella… - non resisto più, mi lascio andare, chiudo gli occhi e getto la testa all’indietro cercando di aprire la bocca e soffiare fuori tutta l’aria, silenziosamente, mentre il bacino si muove in sincrono nelle ultime spinte nella bocca di mia moglie e lei mi accoglie, ingoiando il mio seme e rendendomi l’uomo più felice al mondo.
Le accarezzo la testa mentre mi riprendo e lei si appoggia alle mie gambe, immergendosi un po’ in acqua per scaldarsi. Scivolo trascinandola sul mio petto e l’abbraccio stretta.
Nel silenzio di quella camera non passa molto tempo prima di riprendere coscienza del momento, la sua mano si intreccia alla mia, scendendo lungo il suo corpo e guidandomi tra le sue gambe. Con i pensieri ancora un po’ annebbiati mi faccio guidare, muovo le dita sulla sua femminilità, bagnandomi dei suoi umori. La accarezzo, muovo piano le dita, dolcemente, a ritmo costante e quando raggiungo il suo piccolo fascio di nervi porto l’altra mano sul suo seno, massaggiandolo piano ed ottenendo piccoli gemiti sussurrati. Bella non è molto silenziosa, so che potrebbe svegliare i piccoli e rovinarci la festa. Quando aumento il ritmo delle dita sul clitoride salgo con la mano a spostarle il volto in modo che possa baciarla. Sarà veloce, voglio farla venire velocemente, sento già i brividi sul suo corpo e le sue gambe che tremano; poi voglio perdermi in lei, spingere, spingere fino a quando non mi implora di smettere, fino a quando le gambe reggono.
La bacio, le lingue si mescolano insieme, sento il mio sapore sulla sua lingua e al solo pensiero di ciò che è accaduto poco fa mi torna duro. Succhio la sua lingua, ci gioco, mordo le sue labbra e quando premo più forte e muovo in circolo le dita velocemente, le sue mani si stringono sulle mie spalle ed io soffoco i gemiti del suo orgasmo con la mia bocca.
Non le do il tempo di riprendersi, la giro e la faccio mettere a cavalcioni su di me, entrando in lei con una sola spinta e tenendo una mano sulla sua bocca. Appoggio la testa indietro, dove c’è ancora l’asciugamano, ormai bagnato, che mi ripara dal bordo della vasca. Lei si muove, cavalcandomi, e gettando la testa indietro sento che cavalca anche le sensazioni dell’orgasmo di prima. l’avvicino al mio volto e con i denti mordo la pelle dal collo al seno, fino a succhiare dolcemente uno dei due capezzoli. Il sapore del latte mi invade la bocca e devo staccarmi per riprendere fiato per le sensazioni provate. Alzo le gambe e lei si appoggia salendo e scendendo sempre di più su di me e mentre le mie mani si chiudono sui suoi fianchi per darle il ritmo lei si chiude la bocca con le sue e getta indietro la testa sconvolta da un altro orgasmo. La osservo, perdendomi nei suoi occhi chiusi, nei capelli sempre più bagnati, nel volto arrossato. Cercando di non scivolare la tengo stretta a me ed esco dalla vasca, il tappeto mi permette di non scivolare troppo e il muro dietro di lei, dove ci sono gli accappatoi attaccati, è la superficie più vicina che voglio sperimentare. La sua schiena tocca al stoffa dell’accappatoio mentre io spingo, e spingo, e spingo sempre più forte. La testa abbandonata sul muro, mentre la impalo con forza e mi perdo dentro di lei. Le sue gambe si stringono attorno alla mia vita, le dita passano tra i capelli, gli occhi lucidi di piacere, la pelle brillante per le gocce d’acqua rimaste addosso, che scivolano via a causa delle mie spinte forti e la sua vagina che si stringe attorno a me ancora una volta. Le stringo il sedere, le mie dita pare vogliano strapparglielo via dalla forza che uso, e lei esplode attorno a me. Non riusciamo a trattenerci, i gemiti ormai non sono più sussurrati, la passione è scoppiata e non ci ferma più nessuno, fino a quando entrambi non siamo pienamente soddisfatti.
La faccio scendere, i suoi piedi toccano terra, la tengo per il bacino perché è instabile e le gambe le tremano, ma non ho intenzione di farmi scoraggiare da questo; ho abbastanza forza ed energia per entrambi. Il grande specchio a mezza parete del bagno ci permette di guardarci. Quando lo vidi per la prima volta impazzì del tutto, volevo assolutamente provarlo, dimenticandomene ogni volta. Adesso invece…avevo tutta l’intenzione di sperimentarlo. La guidai, girandola verso il muro, mi da le spalle; il suo sedere morbido mi tocca il bacino e non posso fare a meno di osservarlo e desiderare di averla ancora e ancora e ancora. Mi piego su di lei sussurrandole “Guarda lo specchio” e con lentezza, mentre lei volta il viso verso destra, entro dentro di lei. Osservo i nostri corpi riflessi sullo specchio, si muovono, io mi muovo e le sensazioni sono amplificate quando le dita della mano sinistra di Bella si intrecciano alle mie sul muro, le nostre fedi si scontrano facendo un lieve rumore. La guardo, il volto rosso e acceso per il piacere, le gambe che tremano e il seno che sbatte sul muro freddo per le mie spinte. La sua mano appoggiata al muro per tenersi e la bocca aperta in un’espressione di pura estasi.
Non resisto. La vista di noi due così, il mio membro che entra dentro di lei e i suoi capezzoli duri che sfregano sul muro mi esalta. Sento montare l’orgasmo e non ho intenzione di fermarmi questa volta. Il baby-phone non suona, Caroline non è ancora entrata in camera ed io ho tutta l’intenzione di godere come mai prima. Aumento le spinte, più a fondo, più veloci, gli occhi di Bella non riescono a stare aperti ma li forza per guardarci nello specchio. Guardarla così mi fa venire voglia di osservarla per ore in preda al piacere, vorrei guardarla e guardarla e guar… Mi è venuta un’idea. Esco da lei, velocemente la giro e la bacio.
-Mi ami? – le chiedo sorridendo. Lei mi scocca un’occhiataccia contraddetta. –Allora rendimi felice… - Annuisce confusa, con il fiatone. Mi avvicino allo specchio tenendola per mano, mi inginocchio invitandola a fare lo stesso, la posiziono davanti a me, il volto rivolto allo specchio. La faccio sedere sul mio membro, la sensazione di esserle dentro, ancora una volta, è sempre magica. Con una mano le apro le ginocchia, in modo che il suo sesso sia quasi visibile nell’immagine riflessa… Geme, è erotismo allo stato puro.
Le posiziono le mani sul bacino, iniziando a muovermi, mentre lei ci guarda allo specchio. Sto già per venire così, non oso immaginare quando le chiederò di rendermi contento.
Le bacio il collo, la mordo e arrivo al suo orecchio. “Toccati. Toccati per me. Toccati guardandoci nello specchio.” Sgrana gli occhi ma la sua mano scende sul suo corpo, fino a raggiungere il suo sesso tra le gambe e le dita iniziano a muoversi. Fatico a tenere il ritmo delle mie spinte, sono rapito dalla scena, sono eccitato all’inverosimile e sento i fuochi d’artificio scoppiare.
-Dio come sei bella. Come sei sexy… Guardati… Guardati! – geme, e i movimenti delle sue dita si fanno più veloci. –Guai se dici ancora una volta che non sei bella, o che sei grassa o che non sei attraente. Sei così…sei così dannatamente… perfetta! – grugnisco, ormai al limite.
-Spingi Edward! Spingi! – non me lo faccio ripetere due volte, muovo il bacino in alto, muovendo anche il suo corpo velocemente, le sue dita continuano a stimolarsi mentre i miei occhi si annebbiano sulla scena di fronte a me. Il suo corpo trema, sussulta, le sue pareti si stringono attorno a me ed io esplodo dentro di lei, riempiendola del mio seme caldo.
Si appoggia al mio petto, io con la testa mi appoggio alla sua spalla. Tiro un enorme sospiro e… dal baby-phone inizia un lamento.
-Vado io… - dico alzandomi, ma il secondo lamento arriva in un batter d’occhio e Bella ridacchia. Ci vestiamo degli accappatoi in gran fretta, lavandoci entrambi le mani e raggiungendo le culle.
Con i piccoli in braccio ci stendiamo sul letto, sotto le coperte, Bella allatta Margot mentre Samuel si perde a giocare con il mio dito.
-Mamy, papi…- Caroline entra dalla porta con il suo passetto strascicato e strofinandosi gli occhietti chiusi dal sonno. –Ho sentito piangele Magot e Samuel…
-Si, hanno fame…e tu come mai sei sveglia? – chiedo dolcemente.
-Mi hanno svegliata…posso dolmile con voi? – guardo Bella maliziosamente, abbiamo avuto fortuna stasera.
-Certo pulcina, salta su! – le faccio posto in mezzo a noi e appoggia la testa sul mio braccio.
-Ti amo Edward. – sussurra mia moglie sorridendo.
-Ti amo Bella, e Buon Natale.



Il calore della stanza si propaga sui loro corpi raffreddati dal pavimento, gli accappatoi rendono i movimenti difficili, ma le coperte li scaldano. Hanno ancora nel corpo le emozioni di pochi istanti prima, il tremore delle gambe e i brividi sulla pelle per il piacere provato. I loro tesori più grandi sul letto, protetti e amati. Una famiglia splendida si stringe in un abbraccio caloroso e unito la sera di Natale, il sorriso e la serenità sui loro volti è forse il miglior augurio e regalo di sempre… un inaspettato, quanto meraviglioso, regalo di Natale è in arrivo, anche se nessuno dei cinque ne è ancora a conoscenza!




The End

giovedì 27 marzo 2014

Daddy


~ il banner è di Aiami ~


Daddy


Edward pov.

-Mamy…Mamy… - come spesso accade la piccola Caroline viene a darci il suo buongiorno speciale direttamente in camera da letto. Solitamente sale sul lettone, e comincia a dare bacini ad entrambi, stamattina invece è dal lato in cui dorme Bella e cerca di parlare piano. La mia futura moglie però non si sveglia. Mi viene da ridere perché solitamente è sempre sull’attenti e vigile, ogni più piccolo rumore lo percepisce e si sveglia, classica mamma insomma. Stanotte, però, abbiamo fatto i birbanti, giocando fino a tardi su questo magnifico letto matrimoniale, e non credo abbia realmente voglia di alzarsi così presto. –Mamy…mamy svelliati… - sorrido, nascosto dai capelli di Bella, se stamattina la puffetta ha deciso di non salire sul letto gigantesco con noi e di svegliare solo la sua mamma, credo c’entri con il fatto che è la festa del papà. Sono giorni che Bella cerca di spiegarle questa festa, per lei totalmente nuova, ed è da quando ha capito finalmente come funziona, cioè due giorni fa, che non fa altro che chiedere quando sarà la festa del papà! Oggi per lei…è tutto nuovo! Allunga un braccino e scuote la fantastica donna tra le mie braccia che comincia a dare segni di risveglio. –Uff mamy…velote! Svelliati! – davvero faccio una grandissima fatica a non ridacchiare.
-Ehi amore…che succede? Stai male? Un brutto sogno?
-Shhhh…non svelliare papà! Fattiamo la colatione pe lui?! Pel favoe… - sento la sua vocina bassa, bassa e mielosa che usa quando vuole ottenere qualcosa e scoppierei a ridere se non volessi godermi tutte le attenzioni di questa giornata. Mi sono preso addirittura un giorno di ferie, ma questo non l’ho detto a nessuno.
-Certo piccola…tu vai in cucina intanto, ti raggiungo senza svegliare papà! – i piedini scalzi e scalpitanti del mostriciattolo escono dalla stanza e Bella si gira nelle mie braccia. –Ora puoi aprire gli occhi, furfante! – sorrido guardandola. E’ meravigliosamente bella anche di prima mattina, mi chino sulle sue labbra. Come ogni volta ci lasciamo trasportare, è come se fossimo solo noi due, a recuperare tutti gli anni persi. I nostri baci sono sempre così profondi, intensi, ogni tanto qualche piccolo sfioramento in pubblico, ma in privato è tutto fuoco che arde. Le nostre mani ci mettono poco per trovare la via dei punti sensibili, le mie dita giocano con i suoi capezzoli, le sue con i miei fianchi, graffiandoli. Per fortuna riprende il controllo della situazione, prima che ci sfugga di mano e ci chiudiamo in camera dando un dispiacere a Caroline. –Amore…vado di là a vedere cosa combina Caroline…tu stai qui e continua a fingere di dormire…
-Non ho intenzione di alzarmi da questo letto! – le dico malizioso. Lei si alza ed infilandosi la mia camicia del giorno prima ed i calzini esce, chiudendo la porta dietro di sé. Mi stendo sul letto rivolto al soffitto e chiudo gli occhi con un sorriso enorme sul volto.

Anche Natale è passato.
Siamo rimasti a Firenze per le vacanze, ho lavorato molto duro e in fretta per prendermi qualche giorno e fare visitare la città alle mie due meravigliose donne.
Sono stati giorni fantastici e pieni di allegria.
Caroline non voleva dormire in camera da sola, mi abbracciava così stretta la notte che avevo paura si facesse male alle braccine, ma potevo capirla benissimo. Se io, adulto e cosciente, avevo faticato a stare lontano da loro tutto quel tempo, chissà come aveva vissuto la distanza la piccola.
L’ho riempita di regali, non mi importava che Bella sbuffasse e dicesse che la viziavo…volevo solo coccolarla un po’. Volevo essere un padre buono, generoso, affettuoso, attento, presente. Ci stavo lavorando.
Per quello ho accettato di buon grado la loro conversione dei biglietti per fine gennaio, non volevo separarmene più. Volevo che Caroline capisse davvero che non avevo intenzione di allontanarmi da loro ancora una volta, e che desideravo con tutto me stesso stare con lei sempre. Bella mi ha spiegato che probabilmente la bambina è così attaccata a me perché mi vede come unica figura maschile nella sua vita, l’unico che possa assomigliare davvero a un papà. Abbiamo discusso su questo punto molte sere. Alla fine le ho detto che voglio realmente essere il papà di Caroline, a tutti gli effetti, che voglio poterle dare il mio cognome, che voglio accompagnarla a scuola e firmare le carte con lei. Bella si è messa a piangere, commossa, l’ho stretta forte tra le mie braccia e le ho detto quanto la amo.
Ho capito, da subito, quale fortuna mi è stata donata dalla vita, quale meravigliosa e speciale occasione mi hanno concesso. Non ho intenzione di sprecarla, non voglio assolutamente farmi scivolare dalle mani questo enorme tesoro. Caroline è una bimba stupenda, che ha tanto affetto da dare, che quando apre il cuore a qualcuno lo fa con una passione e un’energia travolgenti, esattamente come la madre; quando mi guarda con gli occhioni sgranati perché le dico qualcosa di nuovo ed ho tutta la sua attenzione, mi sento al centro del suo mondo e quando sorride o ride per qualcosa che dico o faccio, mi si riscalda il cuore in modo potentissimo, come se ci fosse un incendio dentro di me.
Sono davvero contento di quello che ho. Di avere Bella. Di avere Caroline. Le proteggerò tutta la vita, le farò sentire bellissime, amate, sicure. E’ una promessa che mi sono fatto e che intendo mantenere per tutta la vita. Anche se ci sono delle difficoltà.

Quando siamo tornati in America, sembrava il delirio.
Per settimane intere non mi sono staccato dal nuovo ufficio neppure nella pausa pranzo, ma cercavo sempre di tornare a casa alle quattro e mezzo. Accompagnavo Caroline a fare una passeggiatina e poi giocavamo sul tappeto di casa di Bella finché non era orario di cena. Non voglio essere un padre assente e incentrato solo sul lavoro. Voglio prendermi cura delle mie donne, della casa assieme alla mia futura moglie, della spesa, delle bollette.
Voglio tutto questo e di più.
Quanti cambiamenti nella mia vita ultimamente.
Ho una futura moglie, anche se non le ho fatto la proposta con tanto di cena romantica, candele, fiori e notte in albergo da soli a testare la durata delle mie prestazioni!
Ho una figlia, che amo moltissimo e che mi ama tanto, anche se non l’ho concepita io. Convivo insieme a queste due piccole pesti meravigliose, che ogni mattina mi fanno desiderare di continuare questa vita complessa ma emozionante allo stesso tempo. Sto portando avanti i lavori per finire la casa che i miei zii hanno scelto per me, nella quale non vedo l’ora di entrare con la mia nuova famiglia. E sto mettendo in piedi uno studio di architettura dalle basi, il che mi porta via energie e tempo.
Eppure…non cambierei la mia vita con niente al mondo.
E poi…c’è l’ultimo tassello che sta solo nei miei pensieri ora.
Desidero avere un altro figlio. Oltre a Caroline che considero mia a tutti gli effetti, anche se forse non ne ho i diritti. Ma l’amo, da morire, e questo basta. L’idea di un altro figlio pullula i miei pensieri da qualche settimana, fresca, fresca!
Sarebbe un momento sbagliato, caotico, troppe responsabilità, troppe energie spese a far quadrare tutto…ma….Dio! Un bambino!
Voglio cullarlo la notte quando si sveglia, cambiargli il pannolino, fargli il bagnetto, tenerlo tra le braccia e sentirmi importante. Voglio proteggerlo, avere la sensazione di essere un gigante rispetto a quella piccola meraviglia che sta nelle mie braccia.
Un figlio da crescere, un figlio che è frutto dell’amore che provo per Bella.
Ma a lei non ne ho mai parlato, non abbiamo mai affrontato l’argomento.
Credo che nella sua vita ci siano così tante rivoluzioni ultimamente, che non gradirebbe di certo una gravidanza. In più, temo abbia paura che succeda come in passato e non voglio assolutamente che si senta sola, che abbia paura di essere abbandonata. La amo. La amo talmente tanto che sono disposto a fare qualsiasi cosa per lei.
E aspetterò.
Arriverà il momento in cui si sentirà pronta, e la notizia di una gravidanza la renderà così felice che si alzerà dal letto sorridendo, nonostante le nausee. Magari è un sogno, chissà. Però è un sogno talmente bello che non ho intenzione di rinunciarvi.

Sento i passetti di Caroline, che collidono con il ritmo dei passi di Bella, avvicinarsi alla camera da letto. Sorrido tra me e me, prima di riassumere una posizione composta e fintamente addormentato. La porta si apre con un lieve cigolio.
-Piccola, appoggia il vassoio sul comodino, brava…così… - sussurrano così piano che faccio fatica anche da sveglio a sentirle. –Ora sali piano sul letto e sveglia papà…io tengo il caffè intanto…
-Papà…!! – mi accarezza piano un braccio. Amore mio, se fossi addormentato non ti sentirei talmente sei delicata. –Papà…svelliati! – muovo un braccio facendo capire che mi sto svegliando, ma poi faccio finta di russare. Sento la risatina di Bella, anche se cerca di camuffarla in qualche modo. –Papà! Su! Svelliati! Io e la mamma abbiamo fatto la colatione pel te! – va bene. Adesso apro gli occhi tesoro mio, non voglio più separarmi dalle tue coccole.
-Vedi amore, papà si sta svegliando…dagli tanti bacini, vedrai com’è contento! – e Caroline ascolta davvero il consiglio della mamma e si getta su di me, con il suo corpicino, riempiendomi il volto di baci morbidi e tenerissimi. Avvolgo un braccio attorno a lei e sorrido.
-Ehi, ciao puffetta!
-Tao papà! Auguli!
-E’ già il mio compleanno? – chiedo, fingendo e allargando gli occhi. Di nuovo sento la risatina di Bella, che ha appoggiato il caffè sul comodino e si è spostata in fondo al letto.
-No papà! Oddi è la fetta del papà! Auguli!
-Oh…è vero! Grazie piccola! – la stringo forte a me, portandola a cavalcioni sul mio stomaco e la mangio di baci, letteralmente, e lei scoppia a ridere e si dimena, rischio di prendermi anche qualche gomitata, ma poco mi importa. E’ la mattina più felice di tutta la mia vita in questo momento.
-Batta papà! Batta! – e ride e io vorrei stringerla a me così tanto da farla fondere insieme al mio corpo, per proteggerla, per averla sempre vicina, per sentire il suo profumo di bambina, per sentirmi sempre felice come adesso.
-E cosa mi dai se smetto?
-Tatti batini! Tattissimi! – sorrido e le porgo la guancia. Lei stringe le braccine attorno al mio collo e appoggia le labbra forte, forte e non si stacca…e poi ancora e ancora. –Ola pelò colatione! – mi siedo, lasciando la piccola su di me e guardo cos’hanno portato. Ci sono fette di pane con la marmellata e due piccole crepes con la cioccolata. Un succo di frutta e il caffè. Mi viene da piangere per quanto sono state dolci. –Tai, la mamma mi ha impalato come ti palma la malmellata….l’ho fatto io! Tai papà?! – guardo Bella che sorride a fondo letto e annuisce. Evito di riprenderla per l’utilizzo scorretto del verbo “imparare” oggi non me ne frega una cippa! E’ talmente tenera, dolce e affettuosa che mi verrebbe voglia di portarla sulle spalle tutto il giorno!
-Davvero puffetta? Sei stata bravissima. Allora le mangio per ultime così le gusto meglio…va bene?
-Nooo! Tono più buonittime le clep della mamy! – sorrido e l’abbraccio forte.
-Tu hai mangiato? – lei scuote la testa. –Vuoi un po’ della mia colazione?
-E’ tua! L’abbiamo fatta pel la fetta del papà! E’ tua! – le accarezzo la testolina e prendo il vassoio mettendolo sul letto.
-Piccola…guarda quante cose ci sono…le crepes della mamma sono buonissimissime! Ne mangi un po’ con me? Non ce la faccio davvero, poi mi scoppia il pancino! – lei ridacchia e fa si con la testa, così prendo un tovagliolino e gli passo la crepes, ben conscio che sporcherà ovunque. Pazienza, se Bella non vorrà lavare farò io. Questo è il mio momento migliore di sempre! Porgo una fetta con la marmellata a Bella che sorride e mangia con appetito.
Che strano lei odia fare colazione la mattina.
-Puffetta…cosa ne dici se oggi…io, te e la mamma andiamo a vedere come procedono i lavori alla casa nuova, passiamo a salutare gli zii….e poi andiamo al parco?! – Bella sgrana gli occhi e si blocca con la bocca spalancata. Caroline invece si mette a saltellare sulla mia pancia.
-Tiiiiii! Tiiiiii! Tiiiiii! Tei il milliole papà del mondo!
Gli occhi sono colmi di lacrime ed è impossibile davvero resistere e non piangere. Mi sento….felicissimo.
-Ti sei preso un giorno di ferie Edward?
-Si amore…vorrei passare questa giornata con voi! Sto sempre al lavoro e non ho mai un momento libero per pranzare insieme o per giocare al parco insieme a tutt’è due. Pensavo di farvi questa sorpresa! – Bella sbianca. –Ho tutto il giorno per voi…non…non sei contenta amore?!
-Mamy, non tei cottetta? Io tiiii, tantittimo!
-Amore della mamma, ti ricordi che oggi abbiamo quella cosa importantissima da fare io e te?
-No mamy! – la piccola scuote il capo ed io sono confuso.
-Dai amore! – sbuffa. –Quella cosa importantissima che è un segreto tra me e te, che papà non deve sapere fino a stasera….ti ricordi amore della mamma?! – mi viene da ridere quando Caroline scuote di nuovo la testa e Bella sbuffa. –Caroline, sei esasperante! Io e te, cosa dobbiamo fare oggi….ricordati. Una cosa che papà non deve sapere assolutamente! Te lo ricordi amore? Dove dobbiamo andare? Te l’ho detto ieri….Non puoi essertene dimenticata!
-Dai Bella…non ti accanire così! Lo farete un’altra volta! Oggi voglio stare con voi!
-No Edward…non si può! Vorrei tanto passare tuttissima la giornata con te! – mi schiocca un’occhiata maliziosa –Ma non posso!
-Ola licoldo! Tiiiiii! Io e mamy non pottiamo plopio tale co te papà oddi! La mamma e io dobbiamo fale una coda e non devo dillo al papà pecchè è una soppesa pel te! – si gira verso Bella e le fa una sorta di occhiolino, uscito male, che ci fa scoppiare dalle risate.
-Brava amore mio! Adesso andiamo a vestirci e lavarci, così poi andiamo a vedere la casa nuova, e facciamo un saluto agli zii….mangiamo con il papà e poi lo lasciamo a spasso e noi andiamo a fare quella cosa! – sorrido e scuoto la testa.
-Va bene, sto morendo di curiosità! Ma aspetterò fino a stasera…giusto?!
-Giutto! Blavo papà! – mi da un bacione forte sulla guancia e poi scende di fretta dal letto seguendo la mamma. A volte mi domando quanti anni abbia davvero quella piccola peste!
Ahhhhh.
Sospiro forte.
Che bello sentirsi completi!
Credo di non poter chiedere di meglio per questa vita. Qualunque cosa appare superflua.
Ho sempre pensato che i soldi mi avrebbero dato la felicità, che sarei riuscito a cavarmela senza una donna al mio fianco, senza avere una famiglia a cui badare. Non volevo diventare come mio padre, concentrato sul lavoro e rigido a casa. Non volevo diventare un marito disattento e assente, un padre poco affettuoso e burbero. Per cui avevo evitato di prefigurarmi la vita di coppia, il matrimonio, dei figli; ho pensato di lavorare duramente, fare sacrifici e diventare molto affermato nel mio campo e non affezionarmi troppo. Purtroppo però, il mio cuore aveva scelto già per me, all’epoca ero molto piccolo, un ragazzino in cerca di affetto e amore, quello che mio padre mi ha negato, e Bella era così tenera, dolce…E’ stato un attimo.
Crescere con lei affianco è stato difficile, perché dovevo mascherare i miei sentimenti e far finta di nulla, ma allo stesso tempo è stata un’esperienza fantastica, perché il suo sorriso ha rallegrato i miei giorni più bui.

E’ così che siamo arrivati fin qua, ignorando i nostri sentimenti, finché non ci siamo sentiti liberi di esplodere uno con l’altra. Ricordo perfettamente quel giorno, quando è venuta a prendermi in aeroporto, mi ha salvato dal capo della sicurezza e le sue domande. Ricordo anche la macchia di cioccolato sulla maglia, la borsa troppo grande, il momento in cui Caroline l’ha chiamata mamma. Ho bene in mente le sue confessioni e quando mi ha mostrato la casa, la vista dal terrazzo sul tetto. E’ stato così speciale. Dei mesi successivi conservo ricordi fantastici, baci, carezze, passeggiate, la sintonia che è nata e cresciuta. Ma senza ombra di dubbio, questi sono i giorni che preferisco avere ben limpidi nel mio cuore. Quelli che passo accanto a loro, senza staccarmene mai, senza dover tornare a casa a dormire, senza fare attenzione a quello che dico o come mi comporto, perché loro mi amano, così come sono.
E poi…un posto speciale nei ricordi e nelle emozioni ce l’ha il campeggio.
Quella sera Caroline ha deciso che dovevo essere il suo papà, che mi voleva come guida, come esempio, come uomo a cui affidare la protezione e la sicurezza sua, e della sua mamma. Mi ha parlato di risate, di amore, di nomignoli affettuosi…mi ha elencato tutte le cose che lei vedeva con i suoi occhi da bimba, delle sensazioni che le facevo provare, della felicità della sua mamma. Mi ha chiesto se volevo essere il suo papà. Quel momento non se ne andrà mai da me, rimarrà scolpito nella roccia della memoria, e quando sarà grande e mi farà disperare per calmarmi penserò a quel momento, e quando arriveranno i ragazzi che la faranno soffrire e la sorveglierò di notte per assicurarmi che smetta di piangere, ripenserò a quelle parole…e quando l’accompagnerò all’altare, davanti all’uomo che la porterà via da me…probabilmente piagnucolante come un bebè le racconterò all’orecchio di quella sera, che lei non ricorderà e si emozionerà e mi prenderà per il sentimentale che non voglio essere.
Cielo…sto diventando patetico?
No…non credo.
Sono solo un padre contento, un uomo fortunato, un futuro marito orgoglioso.

Voglio restare così per sempre.

Alzarsi dal letto è stato difficile, ma avevo voglia di godermi la mia famiglia per quella giornata di ferie che ho preso per me e per loro.
Alla casa i lavori procedono, non c’era molto da fare per fortuna, ma la voglio sicura, luminosa e con gli spazi aperti. Ogni volta che sto con Alice e con Emmett mi sembra di tornare bambino, mi ritrovo in un universo parallelo in cui sono adulto, con delle responsabilità, con una figlia e una donna meravigliosa al mio fianco, ma allo stesso tempo sono in una dimensione in cui…sono allegro, spensierato, e senza problemi a cui pensare. E’ l’effetto della famiglia credo.
Abbiamo fatto scegliere a Caroline dove volesse mangiare e lei ha scelto il parco, sorridendo abbiamo acquistato dei panini da Mc Donald’s e l’abbiamo fatta contenta con le patatine fritte. Ha saltellato attorno a noi per un quarto d’ora prima di fermarsi e calmarsi, ma è una gioia immensa vederla così allegra.
Poi però, mi hanno lasciato solo.
Dovevano fare questa cosa importantissimissima che io non devo sapere, fino a questa sera, e se ne sono andate. Ho passeggiato un po’ nel parco da solo, per sfruttare l’aria tiepida di questo mese dalle temperature molto primaverili già ora. I primi fiori cominciano a sbocciare, l’erba profuma, i bambini corrono da una parte all’altra e i genitori sono sorridenti e rilassati, con l’occhio vigile ai possibili danni delle piccole pesti.
Mi ritrovo a guardare alla mia infanzia come se fosse quella di una persona esterna.

Alla festa del papà, io ed Alice preparavamo sempre qualcosa per lui…un disegno, un quadretto, un’opera tutta nostra con la pasta di sale. Cantavamo la canzone imparata a scuola per tutto il tragitto verso casa ed eravamo contenti già al mattino, perché speravamo sempre che papà avesse preso un giorno di ferie, per stare con noi. Mangiavamo allegri, con un appetito mai avuto gli altri giorni, eravamo euforici tutto il pomeriggio nell’attesa del suo ritorno, sperando che quella volta, almeno quella, tornasse sorridendo, pronto a farsi abbracciare e chiedendoci come fosse andata la nostra giornata.
Non è mai successo.
Mai nella vita ha preso una vacanza per stare a casa, per portarci al parco, per condividere la sua giornata con i suoi figli.
Mai ci ha fatto un sorriso sincero, tutto per noi, solo perché gli stavamo attorno. Mai una volta ha chiesto “Com’è andata oggi, ragazzi?!”.
I nostri disegni probabilmente finivano nel camino la sera tardi, perché mettevano in disordine il salotto o la sua camera da letto. Le opere di pasta di sale, che ci aiutava la babysitter a portare a termine, venivano riposte dentro una scatola in soffitta. Era estremamente umiliante e offensivo, ma lo capisco solo ora. A quell’epoca pensavo solo che papà le guardasse e le conservasse con amore, che le tenesse al sicuro perché nessuno le portasse via.
Quanto ero stupido e ingenuo!
I disegni di Caroline sono tutti appesi nel mio studio, le sue opere con il pongo le tengo sulla scrivania, fino a quando non vuole farne un’altra perché quella non le piace più. Il regalo di un figlio lo mostri, ne vai fiero, lo esponi perché possano vederlo anche gli altri, perché tutti possano accorgersi di quanto tuo figlio di ama.
Mio padre ha sempre fatto l’inverso. Ci ha nascosti, ci ha limitati, ci ha spento l’amore che provavamo per lui.
In questa giornata, si dovrebbe ringraziare il papà per gli insegnamenti utili della vita, per quelle sensazioni ed emozioni positive con cui ha riempito gli anni addietro, vorrei potergli dire “Ti voglio bene papà!”. Ma la verità è che non succederà, io non lo farò, perché non è la verità.
Se dovessi parlare con lui uscirebbe l’odio e la rabbia che ancora porto dentro, anche se piano, piano si stanno affievolendo. Forse sto davvero mettendo via il mio passato, per cominciare una nuova vita completamente diversa, estremamente positiva e con dei valori che mio padre ha negato a me ed Alice fin da bambini.
Ho intenzione di insegnare a Caroline il senso degli affari, che il denaro può aiutare le persone, che può significare una tranquillità in più, che sentirsi realizzati nella vita è gratificante e stimolante.
Ma non solo.
Ho voglia di guardare negli occhi Caroline mentre l’accompagno ogni giorno nel suo cammino e farla sbagliare, perché dagli errori imparerebbe, e poi esserci quando sta male, quando mi chiederebbe aiuto. Voglio passeggiare con lei tra gli ostacoli, senza fretta, insegnarle a distinguere le cose sbagliate da quelle corrette, le cose cattive da quelle buone. Voglio esserci nei momenti belli, ma soprattutto in quelli brutti, perché possa rendersi conto che ci sarò sempre al suo fianco, che non deve avere paura di suo padre, che non deve confidarsi con un estraneo per timore della mia reazione. Sarò lì, le terrò la mano, la sorreggerò quando starà per cadere, le tenderò la mano se non ce la farà a rialzarsi, la coccolerò quando piangerà e si sentirà una fallita. E capiterà. A tutti capita. Ma le insegnerò che anche se si sente in quel modo, c’è sempre una soluzione, c’è sempre qualcosa di buono in lei per andare avanti. Quando tutte le difficoltà saranno davanti a lei, e le sembreranno montagne invalicabili, le mostrerò che con attenzione e tranquillità, con razionalità e l’affetto della propria famiglia, anche quelle montagne così alte saranno un ricordo lontano e un puntino piccolo nel proprio passato.
Le starò vicino quando prenderà un brutto voto, la spronerò a migliorarsi, a superare i suoi limiti, a rendersi conto delle proprie capacità, le insegnerò cosa c’è di bello nel guardare oltre i piccoli gesti, per ricercare la magnificenza e l’importanza della persona che li fa, dei suoi sentimenti. Le parlerò di quanto c’è di bello nel mondo, di quante cose brutte accadono e la instraderò verso un pensiero basato su dei valori di amore, amicizia, affetto e lealtà.
Sarò il suo maestro per ciò che la scuola non le insegnerà, e quando mi chiederà perché, esaudirò i suoi dubbi, e quando mi chiederà come, cercherò con lei una soluzione, e quando mi domanderà “e domani?” le dirò che il domani è talmente incerto, effimero, fugace…che può cambiare da un momento all’altro e che si può solo pensare a dove si vuole arrivare, ma domani non si può sapere con certezza cosa accadrà. Le ripeterò ogni giorno che la cosa importante è avere degli obbiettivi, delle speranze, dei sogni…finchè quelli ci saranno, il domani sarà un’incognita che dovrà affrontare ma che potrebbe regalarle mille emozioni, che le insegnerà sempre qualcosa di nuovo, che le ricorderà il passato. Le mostrerò che non deve avere paura…che domani è solo al di là della mezzanotte e che ogni nuovo giorno può essere affrontato con il sorriso, qualsiasi cosa sia accaduta prima, che non dovrà avere paura del domani, perché ci saremo noi a tenerle la mano.
Le spiegherò che siamo noi i disegnatori del nostro destino, ma che c’è sempre da fare i conti con qualcuno più forte di noi, che ci metterà davanti ad un bivio, che ci pianterà degli ostacoli. Ma non dobbiamo farci abbattere, dobbiamo sempre affrontare tutto con serenità e con tranquillità, perché ad ogni problema ci sarà sempre una soluzione.
Voglio che guardi in faccia la realtà con maturità, che pensi prima di agire, che creda nelle sue possibilità, che cerchi i mezzi per ottenere ciò che vuole, che lotti per averlo. Voglio che la realtà che guarderà, imparerà ad amarla nonostante sia piena di difetti e contornata di inesattezze e delusioni, perché gli farò capire che queste sono il pane quotidiano, che poche persone riescono a non deluderci, che pochi riescono a non ferirci; ma che ogni ferita, ogni taglio, ogni ginocchio sbucciato o caduta sarà solo lo spunto per capire cosa cambiare, a chi dare fiducia o meno. Vorrei insegnarle che la realtà non è bella alle volte e che di tanto in tanto si dovrebbe usare la fantasia, che si può davvero immaginare di essere in un luogo diverso, con altre persone, a fare un lavoro che ci aggrada di più, ma non dobbiamo mai desiderare di cambiare o essere diversi per gli altri o per la situazione, perché noi siamo perfetti così, perché siamo il risultato di un percorso che ci ha portato a scelte difficili, a decisioni discusse, pensate. E in quel momento voglio essere lì, quando avrà dei dubbi su sé stessa, per mostrarle quanti progressi ha fatto, quanta strada c’è dietro di lei, quanta ce n’è ancora davanti…quante volte è caduta, quante volte si è rialzata. Voglio essere lì, per lei.
E quando la riprenderò, la sgriderò, la metterò in punizione mi sentirò colpevole, mi sentirò morire dentro probabilmente, mi guarderà con gli occhi carichi di odio e rabbia e mi urlerà addosso tutto il suo disprezzo. Quando le impedirò di fare qualcosa perché ho paura per lei, quando urlerò con lei perché mi preoccupo, lei griderà più forte, mi dirà che non sono il suo vero padre, che non ho nessun diritto su di lei. Lo farà e un pezzo di me si spezzerà. Ma dovrò essere forte, dovrò convincerla che è stata lei a scegliermi, che l’amo più di me stesso, che la sua vita mi sta a cuore, che morirei pur di saperla felice e tranquilla.
Le dirò che quando avrà dei figli vorrà per loro tutto ciò che ho voluto io. Che capirà il perché dei miei comportamenti, delle mie urla, delle mie punizioni. E forse quando sarò vecchio e stanco mi ringrazierà, mi ripagherà di tutti gli sforzi il giorno in cui verrà a trovarmi con la sua famiglia e i miei nipoti saranno innamorati della loro mamma e del loro papà, proprio come ora Caroline ama me.
Voglio insegnarle il valore dell’amicizia, quella sincera che dura anni; quegli amici a cui basta una birra e una pizza per ridere e scherzare tutta la notte. Che non serve cercare il di più che fa male, basta sapersi accontentare.
Voglio insegnarle il valore dell’amore, l’importanza di un sentimento così forte e potente, capace di cambiarti la vita. Glielo spiegherò, raccontandole all’infinito la storia della mia vita, i miei errori, i miei fallimenti, le mie conquiste, le mie vittorie. Le voglio dire quanto è bello guardare negli occhi la persona che ami e vederla felice, sentire le sue mani che tremano ancora quando le intrecci alle sue, vedere le sue guance arrossarsi per un complimento, nonostante sia passato molto tempo.
Voglio insegnarle il valore della famiglia, che parte dall’amore e dall’affetto, per giungere alla sincerità e alla fiducia. Le spiegherò che fiducia è il fondamento base di tutti i rapporti, che non tutti la meritano, ma che la famiglia, quella vera, che ha un amore sconfinato…è piena di fiducia e sincerità.
Voglio rassicurarla sul fatto che non sarà mai più sola.

Cercherò di non ripetere gli errori di mio padre, di guadagnarmi la fiducia dei miei figli e l’affetto profondo che ognuno di loro nutre per i propri genitori. Voglio essere un padre di cui essere fieri, un uomo che può guardarsi allo specchio senza sentirsi un verme, senza sentirsi sporco. Voglio camminare a testa alta e sentirmi orgoglioso dei miei figli, portarli più in alto che posso, fargli conoscere il mondo da una prospettiva diversa, contornarli di amore.
Voglio che Caroline non si penta mai di avermi scelto come padre.
Voglio che i miei futuri figli mi guardino con rispetto, con affetto, con orgoglio, con amore.
Voglio trovarli contenti quando torno a casa da una giornata di lavoro, solo perché mi vedono; voglio trovarli attorno al tavolo della cena per poter chiacchierare delle esperienze di quel giorno; voglio che non si sentano obbligati a darmi il bacio della buonanotte, ma che ne sentano la necessità, perché lo vogliono fare.
Voglio leggergli le fiabe, essere presente al primo giorno di scuola, all’ultimo, ai compiti andati male, alle interrogazioni fallite, alle prime zuffe…voglio esserci.
Voglio sapere di essere un punto fisso per loro.
Voglio che non abbiano paura di dirmi “Ti voglio bene!” ma che lo dicano più spesso possibile, per non farmi mai sentire insicuro. Perché sbaglierò anche io, mi pentirò di molte cose che dirò, delle punizioni che impartirò, delle regole che mi faranno apparire cattivo. Perché l’insicurezza fa parte di me, di ogni padre…perché tutti hanno paura di sbagliare e perdere tutto.
Perché avrò paura, ne avrò tanta, sarò tentato di scappare e nascondermi molte volte, ma resisterò per loro, perché li amerò più di me stesso.

Certo della mia posizione psicologica ed emotiva, dei miei desideri, dei miei propositi per il futuro me ne torno a casa. L’appartamento è vuoto e ammetto che già mi manca il rumore di Bella che prepara la cena, di Caroline che parla con le bambole e beve un finto tea con loro. Ho vissuto in casa da solo per anni, senza sentire la mancanza di nessuno, adesso per poche ore che sono costretto a stare lontano da quelle due pesti meravigliose quando mi sono preso le ferie proprio per loro…mi sento vuoto. Odio questa sensazione…spero che tornino il prima possibile. Spero di sentire girare la chiave nella toppa, la vocina di Caroline che chiama…
-Papàààààà!? – non è immaginazione. Sorrido, per fortuna l’assenza è durata poco.
-Sono qui puffetta! – mi sporgo dal salotto per farmi vedere.
-La dia Ali ha detto che tatera mandiamo dai nonni. – sorrido, mostrandomi contento, anche se non lo sono.
Una giornata.
Non chiedevo molto.
Una giornata solo con loro.
E invece no.
La mattinata è stata sublime, la migliore della mia vita, certamente. Poi il pomeriggio si è guastato tutto perché loro due se ne sono andate a fare quella dannata cosa importantissima. Non so cosa sia, ma già mi sta sulle p…! Non penso più neppure con le parolacce.
Non mi riconosco!
E mi metterei a sbattere i piedi e dire “NO, voglio stare qui…!”. Ma poi Bella e Caroline mi guarderebbero e mi paragonerebbero ad un bambino. E forse lo sono.
Si, vorrei tanto essere un bambino.
Non dover andare a lavorare domani e poter stare con chi voglio, quando voglio.
Uffa! Che noia!
Non ci voglio andare.
Voglio stare qui con loro e godermele, così domani al lavoro non sentirei la loro mancanza così tanto.
-Va bene pulcina! – le accarezzo la testa e lei sale in braccio, schioccandomi un bacio sulla testa. –Che avete fatto fino a quest’ora? – chiedo a Bella quando entra in salotto, priva del cappottino e delle scarpe lasciate in entrata.
-Niente…vedrai più tardi! – mi fa l’occhiolino. E’ qualcosa per me. Mi volto allora verso la piccola, sapendo bene che potrei convincerla a dirmi qualcosa.
-Non te lo dico papà! La mamy ha detto che te te lo dico non mi fa più legali pel tutta la vita! E tutta la vita è tantittimo tempo papà! – scoppio a ridere.
-Oh pulcina…te li faccio io i regali però! – lei scuote la testa.
-La mamy ha pensato pule a quetto e ha detto che te te lo dico no mi fa più i dolti al tioccolato…e a me piattiono i dolti al tioccolato papà! Tu non mi puoi fale i dolti al tioccolato!
-La mamma è furba! – scuoto la testa e sorrido.
-Ti…è la milliole mamma del mondo! – Bella sorride, andando in camera a cambiarsi.
-Amore, ti dispiace cambiare Caroline e farle il bagnetto? Ho bisogno di una doccia…
-Certo…noi ci divertiamo con gli animaletti!
-Tiiiii! Fattiamo la pittina pel gli animaletti! Tai papà…plima ho vitto una gilaffa…
-Una giraffa?
-Ti! Ela nel negotio…ela bella! Molto bella! Quaddo fattio il bagnetto vollei anche la gilaffa…
-Ma puffetta la giraffa non sta nell’acqua!
-E allola? Mica è vela! – ridacchio, mentre l’acqua si scalda e intanto accendo la stufetta nel bagno per avere un clima accettabile e poter spogliare la piccola.
-Certo amore…hai ragione! Allora domani pomeriggio andiamo a vedere se troviamo la giraffa, va bene?
-Tiiiiii! Io l’ho detto alla mamma….tu tei blavittimo come papà! – mi dice abbracciandomi le gambine, cerco di rimanere in equilibrio e non cadere nella vasca a cui ho appena messo il tappo per raccogliere l’acqua.
-Pulcina, adesso dobbiamo svestirti e entrare nell’acqua, ma non voglio che stai tanto a giocare okay? I nonni ci aspettano tra poco…
-Va bene! Tai coda ha detto la mamma quaddo io ho detto che tu tei blavittimo come papà?
-No patatina, cos’ha detto? – fa una pausa, mentre finisco di toglierle le calzette e la immergo nell’acqua calda ma non bollente e le getto dentro tutti i suoi giocattolini.
-Ha detto che avlebbe voluto tolo te come mio papà, pecchè tu tei il milliole papà di tutti…E’ una coda bella velo? – gli occhi mi si riempiono di lacrime e faccio fatica a trattenerle. Caroline si preoccuperebbe per nulla, perché sono solo felice.
-Si puffetta…è una cosa bellissima!
-Mi piate di più quaddo mi chiami pultina! – sghignazzo e mi asciugo, senza farmi notare, una lacrima sfuggita dall’occhio.
-Va bene…allora ti chiamerò di più pulcina okay? Pulcina mi piace…lo sai…i pulcini sono indifesi e piccoli...e devono essere protetti.
-Coda vuol dile plotetti?
-Vuol dire che la mamma e il papà devono stargli vicini, devono prenderli in braccio quando cadono e dargli i bacini sulla bua e devono fargli il bagnetto e asciugarli…e poi devono misurargli la febbre, dargli lo sciroppo quando stanno male, portarli dal dottore, accompagnarli per strada, tenerli per mano…
-Tu fai tutte quette code pel me…pel quetto mi chiami pultina? Pecchè mi plotetti? – sorrido, il mio piccolo genio, che cerca di usare i nuovi termini sbagliandoli! Si ti proteggo amore mio…sempre!
-Si pulcina…perché ti proteggo, perché ti voglio bene…perché amo quando mi dai tanti bacini e mi abbracci stretto, stretto…
-Acche a me piate!
-E sai cosa mi piace anche? – scuote la testolina –Mi piace quando mi chiami papà, quando giochiamo insieme, quando mangi seduta sulle mie gambe, quando stringi la mia mano quando siamo fuori. Mi piace quando hai paura la notte e mi chiami, quando fai un brutto sogno e vieni nel lettone…mi piace quando dormi tra me e la mamma, anche se non è una cosa giusta, ma mi piace stringerti forte e proteggerti. Mi piace quando mi ascolti se ti racconto qualcosa, quando mi guardi incantata, quando sul divano mentre guardiamo i cartoni ti addormenti tra le mie braccia. Mi piace farti regali e vederti felice… - parlo, ma lei sembra che sia più interessata a fare muovere le due paperelle. Prendo lo shampoo e le lavo i capelli, cercando di non farle cadere neppure una goccia sugli occhi. E’ bravissima, non si lamenta, anche se sono un emerito imbranato certe volte in queste cose. Quando glieli sciacquo e la tiro fuori dalla vasca, avvolgendola nell’accappatoio ed asciugandola sembra pensierosa.
-Papà?
-Si piccola?! – mi parla dopo un tempo che sembra infinito ed io le ho già fatto indossare gli abiti nuovi, devo solo asciugarle i capelli con il phon, ma quello penso che voglia farlo Bella.
-Ti vollio bene, tatto, tatto! – la stringo forte e la prendo tra le braccia, sollevandola da terra.
-Pulcina, te ne voglio tantissimissimo anche io! Ora andiamo…la mamma penserà ai tuoi capelli!

Due ore più tardi, vestiti e profumati siamo pronti per andare a casa di Carlisle ed Esme.
Siamo passati in pasticceria da Bella a prendere una torta, per non arrivare a mani vuote, e chissà perché, i dolci toccano sempre a noi!
Caroline non mi ha lasciato guidare in santa pace neppure un secondo. Era tutta domande, canzoni, domande ancora. Un po’ esasperante per il tragitto fino a casa dei miei zii, ma una routine a cui vorrei mettere la firma.
Abbiamo cenato, chiacchierato, riso e giocato. Quanto ci siamo divertiti!
Ad un certo punto Bella è diventata tesa e non sapeva più dove guardare, imbarazzata e al posto che arrossire era pallida. Pensavo stesse male così le ho proposto di andare a fare una passeggiata nel giardino, ma niente. Non c’è stato verso di smuoverla da tavola.
Caroline tutta agitata e ballerina ha ruotato attorno a Bella per tutta la sera, chiedendole “E’ il momento?” e ricevendo sempre una risposta negativa da parte della mamma.
Adesso però, dopo aver mangiato il dolce, si sono alzate entrambe e mi hanno consegnato un pacchetto grande e un po’ pesantino.
Tutti mi guardano curiosi e io non posso fare altro che scartarlo con calma per godermi il momento. Una scatola di cartone, sotto la carta regalo, mi separa dal sapere cosa c’è, ma prima torvo un biglietto.

“Per la tua prima festa del papà!
Con amore…
le tue donne.

Ps: il biglietto è stato scritto a due mani, anche Caroline ha partecipato!”

Volgo uno sguardo verso di loro, la piccola è accanto a me, con le mani poggiate sulla mia gamba, curiosa di vedere la mia reazione, Bella invece è sempre più tesa dietro Caroline.
Quando tolgo il cartone ed estraggo cosa c’è dentro resto stupito.
E’ un quadro, con una cornice meravigliosamente semplice, che fa da sfondo a una foto di noi tre a Firenze, sul lettone di casa mia.
Avevo scattato la foto con il telefono ed era uscita così bene che l’avevo usata anche come sfondo del computer. Eravamo bellissimi. Caroline aveva la testa appoggiata al mio petto e Bella di fianco a me, le nostre teste vicine e al centro il nostro amore più grande.
Sotto alla foto, in una calligrafia corsiva e non ben visibile una dedica.

“Al migliore papà del mondo…con amore!”

E’ difficile trattenere le lacrime e le mani che tremano non sono un toccasana per quest’oggetto preziosissimo che ho tra le mani. Per fortuna Jasper me lo toglie di mezzo, appoggiandolo su una superficie più stabile di me, al momento.
Sono senza parole.
E’ il regalo migliore che potessi ricevere oggi.
E non ne volevo.
Mi bastava solo stare con Caroline e Bella, averle per me, amarle tutta la giornata, dedicare loro il mio tempo e il mio amore. Mi bastava la colazione, un pensiero, il “ti voglio bene” che mi ha detto la piccola nel bagno. Bastava tutto questo.
Eppure…
Eppure questo di più mi fa sentire l’uomo più fortunato possibile.
Li sento gli occhi su di noi, io che non mi muovo e la piccola che mi guarda con attesa, mentre Bella scuote la testa frustrata e delusa. Le conosco così bene.
-Io…Io….non…non so che dire. Sono…senza parole! – biascico debolmente.
-Ti piate papà?! – annuisco, senza rispondere ma a mia figlia non basta. –Allola ti piate? – la prendo in braccio, si siede su di me e mi stringe forte.
-Si pulcina, mi piace tanto, tanto, tanto, tanto, tanto, tanto, tanto, tanto… - lei ridacchia e mi blocca.
-Batta! – e ride.
-Ti voglio bene pulcina! – me lo dice all’orecchio questa volta “Acche io ti vollio bene papà!” e mi schiocca un bacio forte sulla guancia. Mi alzo con la piccola in braccio e vado verso Bella che ci guarda dispiaciuta, le tendo la mano, che lei prontamente afferra e si tira in piedi. –Credo…che sia ora di andare per noi. Grazie per la serata…è stata magnifica!
-Edward…te ne vai così? – annuisco e guardo mia zia e mio zio sorridendo.
-Si…ho…bisogno di…non importa! Ci vediamo sabato. Buona continuazione! – poi mi sporgo verso Bella e le sussurro –Prendi tu il quadro, non voglio lasciarti la mano… - mi sorride e seguendo le mie indicazioni, riusciamo finalmente a salire in macchina.

Il viaggio verso casa è silenzioso. La piccola si è addormentata sul seggiolone, appena ho messo in moto, Bella è racchiusa nei suoi pensieri. Porto io Caroline in ascensore e poi nella sua cameretta, ma è Bella che vuole metterle il pigiama. Indosso i miei pantaloni della tuta e la solita maglia bianca con cui dormo e preparo un tea per me e Bella. Quando torna la piccola ha perso ogni traccia di sonno, ha un sorriso smagliante sul viso e un’energia fuori dal normale. Non riesco a spiegarmi come faccia, ma sinceramente, sono felice così. Non voglio separarmi da lei troppo presto stasera.
-Ehi pulcina! Non vai a fare le nanne? – scuote la testa.
-No…io e la mamma dobbiamo ditti una coda… - dice battendo le manine davanti a sé. Bella è completamente nel panico. Spaesata. Confusa. Pallida.
Ho paura.
Ma se Caroline è felice, non deve essere una cosa brutta, giusto?
-Amore, Bella…che succede?
-Niente…noi…noi dobbiamo darti il regalo per la festa del papà… - mormora ed io sorrido.
-Me l’avete già dato. Il quadro è la cosa materiale più bella che possiedo.
-Nooooo! Dobbiamo dattene ancola uno!
-Va bene pulcina…ma la mamma non si sente bene…forse è meglio se vieni in braccio a me… - Bella arretra di un passo quando io mi avvicino e stringe Caroline a sé.
Questa cosa….
Non.
Mi.
Piace.
-Bella…che succede?
-Io…io so…che….noi…non….non abbiamo mai…parlato…ma…ci sono… ehm… - tossisce –Volte nella vita…in cui…non si ha…ecco il..ehm tempo di…affrontare..ehm..certi discorsi, no?! – annuisco, confuso e spaesato. Mi sembra di impallidire anche. Mi sento forse come lei?
-Si amore…ma calmati! Mi sembri agitata. Sei sicura che non vuoi che prenda io la bambina? – lei ripete l’operazione di prima. Scuote la testa e arretra. Okay. Che diavolo sta succedendo?
-Io…non voglio che…ti arrabbi….ma….
-Mi sto preoccupando, no arrabbiando. Bella…stai male? Che cavolo succede?
-E’ difficile Edward…molto….molto difficile…e tu…non aiuti con…i tuoi…commenti!
-Okay, sto zitto…ma per favore…dimmelo o impazzisco!
-Tieni… - estrae una busta dalla tasca posteriore del jeans e me la porge. E’ chiusa e quando la apro trovo solo una foto, un’istantanea, con un puntino cerchiato di rosso.

Ho la bocca aperta.
Zero salivazione.
Gli occhi sbarrati e lucidi.
Le mani che tremano, tanto che cade la busta.
Le gambe che non reggono il mio peso, tanto che devo sedermi.
Il cuore batte forte. Così tanto forte che potrebbe esplodermi il petto.
Nello stomaco ci sono i salti mortali.
Mi viene solo da piangere.
E Urlare.
Piangere ancora.
E urlare ancora più forte.
-Edward… di…dimmi qualcosa…ti prego… - mormora senza fiato.
Non ce la faccio neppure ad alzare gli occhi da quella fotografia.
Da quell’ecografia.
Dalla testimonianza che nel corpo di Bella sta crescendo una nuova vita.
Che avrò un altro figlio.
Oh…Grazie! Chiunque abbia fatto ciò proprio oggi…Grazie!
Grazie!
Grazie!
Grazie!
-Edward… - sento la sua voce, so che sta piangendo, ma davvero non riesco a muovermi.
Poi..un sorriso nasce spontaneo e scuoto la testa come per riprendermi.
Un figlio.
Un altro figlio.
Un fratellino per Caroline.
O una sorellina.
OH……GRAZIE!
-E’ questo…che dovevate fare oggi…di importantissimo che io non dovevo sapere? – Bella annuisce senza rispondere e se non avessi alzato gli occhi non l’avrei mai vista. Caroline ancora non parla, ci guarda alternando lo sguardo.
-Edward…mi dispiace…io…non so come sia potuto succedere… - scuoto la testa sorridendo.
-Importa adesso? Importa sapere il come? – Bella scuote la testa e io faccio un passo verso di lei. Esulto quasi quando non si sposta indietro. –E allora non farti questa domanda. Tu lo vuoi?
-Si… - è solo un sussurro, ma è il miglior suono di tutta la mia vita. –E tu?
-Si… - la imito e le nasce un sorriso timido sul volto.
-Papà? – ci voltiamo verso la piccola.
-Si?
-Tei allabbiato?
-No pulcina…perché dovrei esserlo?
-La mamma pentava che ti allabbiavi e che andavi via…non vai via velo? – guardo la mia futura moglie che abbassa lo sguardo dispiaciuta e rossa di imbarazzo.
-No pulcina…no! Non vado da nessuna parte..sto qui con voi…te l’ho detto.
-Ma…tu tei cottetto che avlò un flatellino o una tolellina?
-Amore…non potrei essere più contento! E’ il regalo più bello di tutto il mondo! – lascio che le lacrime scorrano libere, fregandomene di come potrei apparire debole o sentimentale.
Al diavolo. Sono felice.
Mi avvicino a passi lenti, fino a racchiuderle entrambe nel mio abbraccio ed appoggiare la testa sulle loro fronti vicine.
-Se tutte le feste del papà in futuro saranno così piene di emozione credo che dovranno farmi un trapianto di cuore molto presto! – Bella scoppia a ridere e Caroline si diverte solo a giocare con i miei capelli.
-Sei davvero felice Edward? Non credi che sia…troppo presto?
-No… - mormoro allo stremo delle forze. –No…Lo desideravo. Ci pensavo da un po’ ma avevo paura di parlartene per via di tutti questi nuovi cambiamenti…e invece…
-E invece…Sorpresa! – non sembra felice, per nulla.
-E tu, amore, sei felice?
-Solo se lo sei tu Edward…ho paura che…
-Non.Dirlo! – dico velocemente. –Bella…non posso lasciarvi. Siete tutta la mia vita ora, non so come farò ad amarvi di più domani, ma lo farò. Non so come stare senza di voi. E’ davvero la notizia più bella del mondo, è…il miglior regalo di tutta la mia vita fino ad ora…è incredibile e mi sento al settimo cielo, vorrei saltellare per casa, gridare felice e abbracciarti così stretta da portarti con me sempre…
-E io papà?
-Anche tu pulcina…anche tu!
-E il flatellino?
-Anche lui…
-Ma può essere una sorellina…la vorreste lo stesso?
-Tiiii! Codì potto giocale co lei e le mie bambole…
-E tu….tu la vorresti un’altra femminuccia per casa?
-Si Bella…non importa! Voglio solo che sia sano…è l’unica cosa che mi interessa…
-Avrai tre donne contro di te! – sghignazza.
-Mi impegnerò per fare il maschietto…
-Oh Edward! – ridacchia e mi bacia dolcemente.
-Tutti e tre nel lettone?! – propongo e Bella mi guarda con occhi sgranati.
-Tiiiiiiiii! – la piccola si agita tra le braccia della mamma per scendere e corre verso la camera da letto. Butto via il tea e metto a lavare le tazze.
-Veramente…avevo altro in programma per stanotte.. – mi sussurra all’orecchio.
-Anche io! Volevo spogliarti lentamente, accarezzarti la pelle, baciare ogni centimetro disponibile…passare poi con la mia lingua e sentire la tua pelle bollente ardere di più. Volevo sentire i tuoi gemiti nelle orecchie, fare in modo che fosse la musica più bella di sempre. Volevo sprofondare dentro di te e amarti fino a che non collassavo sfinito schiacciandoti! – i brividi le ricoprono il corpo e ridacchio! -…ma c’è sempre il divano amore mio! –Mi sorride e annuisce.
-Hai ragione! Anche perché…se non fai esattamente tutto quello che hai appena detto…credo che potrei evitare di prepararti le crepes a colazione per…diciamo…per tutta la vita?! – ridiamo insieme.
-Oh…piccola birbante! Guai a te! Non puoi lasciarmi senza crepes! – si avvicina e appoggia il suo corpo contro il mio, abbracciandomi.
-Perché vuoi Caroline nel lettone?
-Perché voglio avervi tutti nel lettone…tutti… - ribadisco, appoggiando la mano sulla sua pancia ancora piatta.
-Sei davvero il papà migliore del mondo…
-E spero di esserlo sempre.
-Lo sarai..
-Solo con te al mio fianco! Ti amo Bella.
-Ti amo Edward!